www.vinoinrete.it
FOCUS

a cura de "il Baccanale Romano"
scheda degustazione Pallagrello del Ventaglio 2002
Terre del Volturno IGT
Castello Ducale
Pallagrello 100% - 13% vol.
scheda degustazione Le Ortole 2002
Terre del Volturno IGT
Vestini Campagnano
Pallagrello 100% - 13,5% vol.
scheda degustazione Sammichele 2002
Terre del Volturno IGT
Castello Ducale
Casavecchia 100% - 13% vol.
scheda degustazione Vigna Prea 2001
Terre del Volturno IGT
Cooperativa Agricola Casavecchia
Casavecchia 100% - 13% vol.
scheda degustazione Trebulanum 2001
Terre del Volturno IGT
Alois
Casavecchia 100% - 13% vol.
scheda degustazione Casavecchia 2001
Terre del Volturno IGT
Vestini Campagnano
Casavecchia 100% - 13,5% vol.

«Pallagrello & Casavecchia»
Viaggio nell'agro casertano, antica "terra di lavoro"
a cura del Mastro Assaggiatore Oscar Sperindio

      Il Baccanale Romano nella degustazione di febbraio ha reso omaggio a due vitigni e vini campani, il Pallagrello e il Casavecchia. C'è un rinnovato interesse verso le numerose varietà autoctone che stanno risalendo la china: prima ci siamo in qualche modo dovuti emancipare attraverso i vitigni internazionali e ora finalmente possiamo, da pochissimi anni, dedicarci alla riscoperta dei numerosissimi vitigni “nostrani” rimasti nell'ombra fino a ieri.

      Solo nella Campania ce ne sono più di 100, più che in tutta la Francia. Parlare di pallagrello e di casavecchia vuol dire far riferimento ad un piccolo territorio a nord di Caserta che fa parte di quella che un tempo veniva chiamata “terra di lavoro”. Plinio il Vecchio fu il primo a parlare della bontà dei suoi vini nella “Naturalis Historia”: ne tesseva le lodi dicendo che la Campania aveva fatto salire il pregio di alcuni vini, il caulino e il trebulanum. Quest'ultimo è stato avvicinato da alcuni al casavecchia in quanto Plinio faceva riferimento al trebulanum come vino che veniva prodotto nel quadrilatero Pontelatone, Formicola, Castel di Sasso e Liberi.
La zona era conosciuta per il centro prima sannitico e poi romano di Trebula, l'attuale Treglia, meta spesso di visite ad amici da parte di Cicerone.

      Il Trebulanum era il vino dei soldati. Non ci sono comunque conoscenze certe sull'origine del Casavecchia, esiste solo una leggenda tramandata tra i contadini che ne fa risalire la scoperta in un vecchio rudere “'a casa vecchia”. Lì fu rinvenuto agli inizi del '900 un vecchio ceppo di circa 1 metro di diametro sopravvissuto alle epidemie di oidio e fillossera dell'800. La propagazione avvenne attraverso il taglio e l'impianto di talee e l'antico metodo della propaggine, descritto anticamente da Columella, che prevede l'interramento di un tralcio finchè non sviluppa radici proprie.
      Il Casavecchia è un vitigno molto vigoroso ma di scarsa produzione. Non c'è stato bisogno di educare i contadini a potature o ad altri interventi drastici in vigna per ridurre le rese, la natura ci ha pensato da sé, ha infatti una resa di circa 60 ql per ettaro. Il grappolo ha una forma cilindrica con più ali, è spesso molto spargolo e quindi più facilmente resistente alla peronospora e alla botrytis. L' allevamento va dalla spalliera fino all'alberello (per alcuni contadini più restii ai cambiamenti). Si sta comunque cercando di incentivare il cambiamento attraverso un'offerta economica superiore per chi si adegua alle nuove tipologie di impianto.
      Il terreno è di tipo argilloso/limoso, dai 100 ai 400 metri di altezza. La zona è molto piccola ed è caratterizzata da piccoli appezzamenti di terreno (nel caso di alcuni soci della Coop. Casavecchia consistono in vigne di 2/3 mila metri).
Si vendemmia mediamente nella prima decade di ottobre. Il vino ha un bel colore rubino con unghia violacea. Ha sentori di sottobosco, prugna, ciliegia, erba e spezie. Ha buone capacità di invecchiamento, rinforzate dal passaggio in legno; tutti i vini degustati lo hanno fatto, anche se in maniera diversa come tempi e tipologia di legni utilizzati.
      Dal 2002 è stato riconosciuto nel disciplinare della Igt del Volturno.
      Negli abbinamenti si accosta bene a tutti gli arrosti, alla carne alla griglia, alla selvaggina, al cinghiale ,all'agnello.

      Il Pallagrello bianco, “u pallarell”, è un vitigno più antico e conosciuto del Casavecchia, la cui provenienza risale presumibilmente all'antica Grecia. Fu un vino molto apprezzato da Ferdinando IV di Borbone che gli riservò un posto nella sua Vigna del Ventaglio, preferendolo ai vini del Vesuvio: divenne il vino del Re . Si racconta che questo vino gli piacesse al punto di vietare il passaggio in una vigna situata in località Ponticello nella cittadina di Piedimonte Matese dove aveva fatto impiantare questo vitigno. Il pallagrello è molto diffuso nella provincia di Caserta e maggiormente nelle zone di Caiazzo, Castel Campagnano e Castel di Sasso. Fino a poco tempo fa veniva scambiato con un altro vitigno, il Coda di Volpe, e solo recenti studi ne hanno sancito la definitiva differenza. Il grappolo del pallagrello si contraddistingue soprattutto per la forma più corta, ha una sola ala. E' un vitigno vigoroso e di produzione abbondante, ha acini piccoli di elevato livello zuccherino e una acidità totale contenuta. E' sufficientemente resistente alla botrytis. Ha una resa per ettaro di circa 70/80 quintali. E' un vitigno selettivo, “'nu poco fetente” come ci ha detto il sig. Di Donato titolare dell'azienda Castello Ducale, in pianura non dà una grande resa, matura tra i 200 e i 300 metri.
La vendemmia avviene nella seconda quindicina di settembre. Ha sentori di albicocca , pesca e ginestra. Nelle versioni passate in legno ha sentori di frutta esotica, miele di acacia, canditi, vaniglia, mandorle tostate.
Ideale nella versione in acciaio per pasta e ceci, pasta e fagioli, zuppa di zucca e fagioli, spaghetti o paccheri alle vongole. Nella versione passata in legno va bene con crostacei, pappardelle con bottarga e fichi, paccheri e fichi, coniglio etc.

      Prima di passare alla seconda parte di questo viaggio e parlare delle cantine visitate ci sembra utile riprendere il discorso iniziale sui vitigni autoctoni. C'è un interesse crescente, le aziende stanno facendo investimenti importanti in vigna e in cantina avvalendosi di consulenze importanti (enologi di chiara fama si stanno occupando di questi vitigni). Il nostro augurio è che questi vini abbiano il successo che realmente meritano, mantenendo le loro caratteristiche originarie legate al clima e al terreno di provenienza e che gli interventi fatti contribuiscano a rinforzare e non stravolgere quanto di buono già esiste. Dopo per anni esserci dimenticati di molti vitigni autoctoni c'è un rischio meno visibile che è quello di riscoprirli ma di “globalizzarne” il gusto attraverso interventi che li rendano piacevoli ma non più riconoscibili nelle loro caratteristiche primarie.

[continua…]

WEBMASTER L.L.R.        GLOSSARIO

8/4/2004 15.56